Omphalos chora l'Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Indice dei Contenuti

Prima parte su l’Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Eventualmente fosse accettata la congettura anche l’ompha­los acquisterebbe la valenza pregnante di modello topologico del media-room, ove l’indeterminatezza spaziale, non ancora funzionalizzata, annuncia la post-modern e post-industriale spazialità della nuova renaissance. https://giacintoplescia.blogspot.com/2021/10/la-schiuma-e-deleuze-guattari-rene.html

E quale archetipo più pregnante che sintetizzi l’economia con la spa­zialità economica, urbana e “della casa”, se non l’omphalos dello spazio abitativo-produttivo e dello spazio della polis?

In futuro l’economia potrà essere solo un caso particolare (l’amministrazione della casa) della topologia della economia e della spazialità per l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom.

  • Le Singolarità e le metropoli: omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Singolarità diffuse nelle metropoli industriali sono già state assunte a simbolia d’inquietudine e d’impotenza, mitigate soltanto dal fiorire d’idee di progetti volti a conservare o distruggere o rivalutare le vestigia della civiltà industriale.

Quello che appariva non credibile e catastrofico, in poco tempo s’è dispiegato con dinamicità cinemorfiche inaudite ed inesorabili, tanto da evocare medioevi futuri in sintonia con nuove renaissances.

Perché simile irruenza e virulenza nell’epoca dell’economia pianificata, del welfare state, della terza rivoluzione industriale?

Quali morfie più isologiche delle catastrofi ombelicali thomiane per formalizzare la spazialità dell’omphalos?

  • Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

L‘omphalos della megalopoli, formale e isologicamente reale, assumerà una figura di regolazione adombelico saliente, nell’interno del quale la scienza e la tecnologia fluttuante ricreeranno dinamicità spaziali caotiche e cheotiche, eutopiche e distopiche della pre/post/produzione. https://www.giacintoplescia.it/wp-content/uploads/2021/12/ANSA-ARTICOLO-SU-ONTODYNAMIS-DI-GIACINTO-PLESCIA-.pdf

  • L’eccedenza spaziale

L’eccedenza spaziale non sarà quindi un’eccezione occasio­nale di circostanza, ma una ricorrenza ricorsiva, quasi seriale, epifenomeno permanente della discrasia prodotta dalla micronicità cheotica della tecnologia e dalla labilità caotica degli effetti spaziali delle tecnomorfie.

Il sublimen spaziale delle architetture industrialiste oscillerà in una topologia cinemorfica variegata, morfogenica recreante gli oggetti, le tecniche, le funzionalità, le relazioni della socialità.

  • Morfie di distopia

A morfie d’eccedenza si succederanno morfie di distopia, là ove la spazialità attenderà le accadenze possibili senz’alcuna sicurezza d’effettualità.

Non esisterà la distruzione catastrofica, giacché quell’evenien­za possiede già i grumi d’una nuova progettualità, forse negativa e simmetrica, ma comunque alterità realizzabile.

  • La distopia spaziale del post-industrialismo e l’Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

La distopia spaziale del post-industrialismo disincanta e rende vana qualsiasi direzionalità, elide tutte le attanze possibili, perché ognuna é perseguibile indifferentemente: illude gli attrattori, per alludere a luminanze meta-progettuali aleatorie, vane ma perseguibili, effimere ma durevoli, inenarrabili, forse soltanto ipotizzabili e mai ipostatizzabili.

Molteplici idealità si renderanno credibili e realizzabili e nessuna otterrà valenze progettuali se non come manifestazione dell’idea possibile, mostra della futura accadenza, alla quale nessuno affiderà i media per la necessaria produzione. Perché?

  • Le nuove tecnologie e l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Le nuove tecnologie possiedono una temporalità di presenza spaziale effimera, quasi simile al tempo di vita delle strutture biologiche.

Non a caso i bio-chips (dell’ordine di 101Selti/cr) tendono ad essere i frammenti dell’intelligenza artificiale dei futuri media.

Nella fase di passaggio, dall’industrialismo al post-industrialismo, la velocità dei cambiamenti tecnomorfici farà apparire la temporalità precedente quale valenza della stabilità, del durevole, della staticità spaziale a proposito dell’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom.

  • Le trans­morfie tecnologiche: Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Piccoli cambiamenti tecnologici, si ricorderà, sono sempre stati legati a forti sommovimenti sociali, quasi sempre impossibilitati a trasformare con tangibilità.

Nella nuova renaissance le trans­morfie tecnologiche ricreeranno attanze cinemorfiche anaboliche e distopie tecnomorfiche della spazialità metropolitana: spazi caotici succederanno a spazi cheotici.

La spazialità preesistente eccederà sempre, per declinare in distopia, giacché le nuove tecnomorfie cheotiche sub-orneranno nuovi archetipi della dinamica e della statica, dell’architettura e della metropoli per quanto attiene all’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom.

  • La spazialità, la diffusione tecnologica: omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

L’innovazione tecnologica ha posto diversi problemi sia alla geografia economica che alla sociologia spa­ziale, e tuttavia entrambi i settori restano ancorati a modelli interpretativi dispiegantisi intorno al concet­to di “domanda”.

La diffusione tecnologica nello spazio viene spiegata mediante la formazione d’una domanda tecnologica.

Due sono fondamentali incognite qualitative:
i) cosa differenzia formalmente le diverse semantiche tecnologiche;
ii) quale singolarità sociale – oltre che economica – dispiega il processo innovativo.

Il primo è inerente alla sintassi del modello, in quanto non è isologica, ed è, comunque, incapace di esplicitare le differenti semantiche tecnologiche (le tecnologie meccaniche sono ben differenti dalle elet­troniche e queste dalle fotoniche, etc., ciò che va esplicato anche nella formalizzazione).

Il secondo manifesta un’incapacità dei modelli di «domanda» nella spiegazione socio-economica dell’ado­zione.

  • L’adozione tecnologica e la biforcazione

L’adozione tecnologica implica una biforcazione: scelta di una nuova tecnologia, saturazione della vecchia.

La relazione «saturazione-scelta» manifesta un punto singolare che non dipende da un modello comunicativo, ma da uno stato relazionale e comunicativo non esplicito, interno alla socialità.

E’ la socialità a definire precondizioni, a richiedere continuità e cumulatività innovativa, a far emergere il bisogno di attività specifiche per la diffusione.

  • L’analisi della socialità e l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Necessita allora un’analisi della socialità e delle modalità di comunicazione e conflitto costituenti.

Non sono la «persuasione» ed il «convincimento» comunicativo il motore della storia delle adozioni tecnologiche ma sono le modalità relazionali strutturanti la socialità, ed in particolare le modalità di conflitto, a rendere necessaria l’adozione tecnologica nello stadio d’origine.

Il modello semantico di Brown che è stato tradotto nel modello formale della così detta curva «ad S», forse può spiegare la fase di diffusione, certo non esplica le singolarità originarie su cui di dispiega il proces­so, singolarità che sono invece dispiegate e spiegate dalla spirale catastrofica elaborata in precedenti lavori (Plescia et al.).

  • Semantica: l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

L’innovazione della macchina, la sua mutazione nella forma e nel contenuto, nell’addensarsi di capacità, nell’incorporazione di mansioni e di qualità di rappor­to con l’uomo e con lo spazio, induce ad un ripensamen­to dello spazio fisico e sociale.

Di per sé la modificazione tangibile della spazialità non è ancora apparsa visibilmente con grandi trasformazioni di carattere territoriale, vuoi per la maggiore stabilità dell’assetto fisico-territoriale, vuoi per il radicamento delle concezioni preesistenti, vuoi per le incertezze che prefigurare il nuovo comporta.

  • L’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica

Il «surplus» di manodopera impiegata in lavoro destinato alla produzione diretta di beni di consumo; il declino delle metropoli; l’addensarsi di ricerca e produzione in poli-non poli localizzati all’interno di città preesistenti o in altri luoghi, sono gli elementi forse in apparenza più caratterizzanti il fenomeno, ma ancora non esprimenti la qualità nuova dello spazio implicita nell’innovazione tecnologica e nella ricerca scientifica in atto.

  • Le città della scienza

Ancora sembra che nella costituzione delle città della scienza (vedi Tsukuba) o negli altri esempi di parchi scientifici o tecnologici, a prevalere continui ad essere una concezione dello spazio razionalista che lo suddivide per funzioni.

Se prima esistevano i campus universitari da una parte, e le aree industriali dal­l’altra, oggi la domanda è d’integrazione, essendo stata assunta la ricerca scientifica e la formazione professionale ad un certo livello, come nuovo fattore localizzativo; ma permangono le tendenze alla specializzazione, alla concentrazione, ecc.

  • Le concentrazioni e le congestioni

La distanza genera ancora problemi e, l’accorpamento in una nuova area di centri e laboratori di ricerca estrapolati dalla metropoli ove la concentrazione ha provocato guasti ed inefficienze potrebbe causare nuova concentrazione e nuove congestioni.

Ne sono un esempio Silicon Valley o Route 128, il cui grado di congestione ha costituito l’atto di nascita d’una seconda tangen­ziale (la I-495), nuova area di crescita delle impre­se avanzate.

Questo a dimostrazione che di per sé il nuovo non genera immediatamente il nuovo.

  • Una nuova analisi

E la nostra analisi vorrebbe tendere viceversa ad iso­lare quegli elementi che hanno provocato, o potenzial­mente potrebbero, rottura col passato.

Sembra che non siano superati i problemi ed i disagi del modello industriale, e che l’obiettivo della qualità della vita, per il momento, rimanga un obiettivo.

Anche laddove i criteri di localizzazione tendono a tener conto dei fattori climatici ed ambientali (per esempio: Zirst, nei pressi di Grenoble o Sophia Antipolis sulla Costa Azzurra), ciò che prevale è sempre l’elemento di frattura, di negazione, di assenza, di complementarietà della situazione.

Si soffre l’assenza di riconoscibili­tà d’identità urbana e se ne ricerca la vicinanza come appoggio.

L’operazione consiste nell’asportare alcune funzioni dalla città e radicarle in aree opportunamente scelte per ridare impulso allo sviluppo economico e sostentamento alla città stessa.

Forse un ragionamento a parte vale la pena sia fatto a proposito di Tecnocity in Piemonte, per le particola­rità di questo progetto nei confronti degli altri cui prima si faceva riferimento.

  • La preesistenza culturale e sociale: l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Differenze che si coagulano essenzialmente nel fatto che il propulsore di svi­luppo e di ricerca è stata l’impresa stessa e non l’università o il centro di ricerca altamente qualifi­cato o l’istituzione pubblica (forse anche per i diver­si fili che legano l’industria, l’università e lo stato in Italia piuttosto che negli Stati Uniti o in Fran­cia).

In questo caso, come anche negli altri citati, è la preesistenza culturale, sociale, conflittuale dell’area ad aver determinato un particolare sviluppo, un insediarsi di macchine ad alta tecnologia, una diversa struttura e dimensione d’impresa, una miriade di centri di ricerca sparsi.

  • Le conflittualità sociali e l’industria 

E’ la trasformazione che si è auto­generata come risposta alla conflittualità ed ai biso­gni espressi dalla socialità; risposta, neppure comple­tamente cosciente, ad una domanda collettiva espressa fuori dalle regole della contrattazione.

Ma in questo caso, forse a differenza degli altri, è la città, la fabbrica a diventare essa stessa laboratorio di ricerca, luogo deputato allo studio ed alla sperimentazione; è l’industria a prendere il sopravvento sull’innovazio­ne nei confronti dell’università e del mondo scienti­fico.

Ed ancora in mano all’impresa è lasciato il compito di razionalizzare l’accadente nei progetti d’incentivi e di tagli alle diseconomie.

Però il confine tra pubblico e privato non è, in realtà, più così netto.
Non è cioè così certo che l’università sia sede di maggior controllo sociale rispetto all’impresa.
Anche in questo caso molto dipende dalle relazioni e risposte che vengono stimolate.

  • Gli archetipi e l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

La teoria della gravità ha aleggiato per secoli nella fisica e più tardi nelle scienze territoriali.
Con la crisi dell’industrialismo anche i paradigmi fondati sulla gravità vanno verso il loro declino.

Consideriamo fenomeni nuovi quali:
«l’eccedenza di spazio» (Plescia et al.);
la desideranza spaziale;
l’innovazione continua, permanente e catastrofica delle scienze e delle tecniche;
il passaggio dall’elettromagnetismo all’elettronica, alla fotonica;
l’evidenziarsi del salto qualitativo nell’informatica, ormai imminente con i computer di quinta generazione a logica parallela;
l’assunzione dell’estetica, del lusso e del neonarcisismo come condizione esistenziale dell’etica e della socialità;
il conflitto che assume la varianza da softwarista (solo nel soft­ware) ad hardwarista (solo nell’ hardware) fino alle embrionali forme di hackwarista (Hofstadter,1979) ove il conflitto s’identifica con la morfogenesi di paradi­gmi scientifici e tecnologici nuovi;
la differenza sessuale come mitopoiesis dell’androgino e dell’euto­pia.

E questi fenomeni sono rapportati all’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom.

  • La rappresentazione della spazialità post-indu­striale

Questi fenomeni non possono certamente essere spiegati da teorie sorte agli inizi dell’industriali­smo.
Dalle teorie fisiche può venire forse un suggerimento, ma solo un suggerimento.

La supergravità deriva da un’idea geometrica di Kaluza, che si proponeva d’ottenere una teoria unifi­cante le due forze fondamentali: la gravitazionale e l’elettromagnetica.
Qui il tempo è uno spazio, meglio è la quarta dimensione dello spazio.

Kaluza suggerì una quinta dimensione ove potessero oscillare densità spaziali.
Una rappresentazione della spazialità post-indu­striale con la teoria della supergravità, se per l’a­spetto scientifico innovativo supera tutti i paradigmi preesistenti, non è però sufficientemente «isologica» (identica nella logica e nella forma) con le evenienze, qualitativamente e geometricamente inedite.
Anche la teoria della supergravità ha bisogno di un’innovazione teorica.

  • Innovazione teorica di questa ricerca: le work-stations

S’immagini d’inscrivere nella sfera kaluziana una sfera densamente catastrofica.
Il parabo­loide configurato dalla diafarfalla, emette, a seconda della prevalenza d’una delle due variabili “x” e “y” o della loro reciproca elisione o collisione, una cata­strofe ombelicale (Plescia et al.).

Ogni sfera densamente catastrofica esprime una singolarità produttiva: una work-station.
Più work-­stations rappresentano una factory, oppure una stringa di work-stations è un’unità produttiva diffusa nello spazio.

La localizzazione delle work-stations non dipende da alcuna contrarietà spaziale, giacché con la telematica, le fibre ottiche, i satelliti geostazionari, gli space-labs, l’unico limite è la velocità della luce (o quasi).

  • La nuova configurazione e il reticolo di Kaluza

Il grado di entropia designa la forte telematizzazione delle work-stations o space-labs; la neghentropia invece esprime il gradiente di concentrazione in factories.

Ogni work-station o space-lab è collegato attraverso un flusso di comunicazioni, di merci materiali o imma­teriali.

Le comunicazioni materiali, solo e soltanto, sono identificate in un ombelico ellittico;
le comuni­cazioni immateriali in un ombelico iperbolico; quelle ove esiste la compresenza di materialità ed immateria­lità in un ombelico parabolico.

E’ questa nuova configurazione a sostituire il reticolo di Kaluza.

  • Gli archetipi

Una stringa di diffusione spaziale può avere varie morfie di configurazione.
Semanticamente, nell’analisi territoriale dello Hi-tech-space, tre appaiono esse­re gli archetipi fondamentali.

Nelle high ways le work-­stations e le factories si dispiegano lungo una linearità «stretta» e continua, e ogni prolungamento spaziale non designa soltanto l’ampliamento dello spa­zio utilizzato, ma può molte volte designare la strati­ficazione e la generazione delle innovazioni tecnologiche.

  • La morfogenesi dello spazio e dell’innovazione

La diffusione, nelle valleys,  delle factories o work-­stations dilaga all’interno d’un bacino seguendo, ad ondate, strati di dispiegamento spaziale e di innova­mento tecnologico.

Nelle technocities preesistenze strutturalmente stabili dell’industrialismo e del post-industrialismo vengono ad essere genesi d’attrattori polari lineari interni e decentrati, identificanti la morfogenesi dello spazio e la morfogenesi dell’innovazione.

  • Dalla tecnocity alla tecnopolis

Ove avviene una soluzione di continuità, un distacco, una frattura, una rottura di simmetria, la tecnocity fa sorgere la tecnopolis: qualitativamente identica, ma acquistante una relativa autonomia.

Le catastrofi volanti sono la forma topologica ed analitica di quei dispiegamenti spaziali, perché è possibile individuare tre variabili qualitativamente equivalenti e perché l’isologia è perfetta o quasi.

Per tutti e tre gli archetipi prescelti, le variabili sono:
“x: varianza corpo mente;
“y” scienza (teoria)–+ tecnologia (innovazione);
“z: = classi, ceti, funzioni sociali, prevalenza degli uni sugli altri.
I parametri invece vengono diversificati per comodità d’isologia.

  • Il dispiegamento spaziale

Nella catastrofe volante ellittica il dispiegamento spaziale è rappresentato dalla “w”, mentre la u esprime il variare dall’individuale al sociale e la “i” il variare dalla necessità al benessere.

Per la catastrofe volante iperbolica il para­metro che designa la diffusione spaziale è “v”;
così anche per la catastrofe volante parabolica.
Invece il parametro “t” è sempre il biotempo.

  • Nuove forme d’organizzazione del territorio

Le esperienze di nuove forme d’organizzazione del territorio propongono altri elementi alla discussione intorno al rapporto:

ricerca-università-industria; potere pubblico-privato;

sviluppo territoriale spon­taneo o pianificato;

tipo di ricerca, conformazione d’impresa, cultura e prodotto innovato.

  • 1^) Osservazione sulla pianificazione

Riflettendo sulla pianificazione (o sulla sua crisi), alla luce delle trasformazioni attuali, due osser­vazioni vengono a delinearsi.

La prima è che anche la pianificazione risentiva dei metodi delle scienze fisi­che che s’ispiravano all’osservazione e alla previsione dei fenomeni piuttosto che al loro controllo.

In effet­ti l’elaborazione dei piani era determinata da proie­zioni in avanti di ciò che era stato nel passato, del tipo di sviluppo che si era consolidato.

In questo modo l’elemento di decisionalità era ridotto, contratto, limitato alla circoscrizione del fenomeno stesso;
vice­versa le metodologie dell’automatica, della sistemistica, dell’informatica tendono a configurare una nuova area scientifica con una nuova visione metodologica caratterizzata dall’adozione di modelli, ispirati non solo all’esigenza di studiare un processo durante la sua evoluzione, ma anche d’intervenire su di esso.

  • 2^) Osservazione sulla pianificazione

L’altra osservazione, insieme di carattere teorico e metodologico, riguarda l’esigenza (al nascere della pianificazione) di coordinare spazio e tempo diversi, trattando informazioni ed ipotizzando quello che sareb­be successo domani sulla base delle informazioni di oggi.

Ieri la macchina generava grande movimento ed un ampio flusso d’informazioni che non trovando una subitanea collocazione spaziale determinava incertezza e richiedeva coordinazione e tempi lunghi per il fattore decisivo.

  • La nuova spazialità

Oggi le nuove tecnologie affermano identità spazio-temporale e, quindi, anche i tempi della deci­sionalità sono annullati.

La spazialità è stata trasformata come conseguenza della trasformazione del concetto di spazio: da spazio concepito vuoto e riempito di «oggetti», a spazio ove ciò che prima divideva (spazio come distanza) oggi è medium (la comunicazione in tempo reale)

Se nel modernismo la macchina era movimen­to perché riduceva le distanze e diminuiva i tempi, oggi è movimento assoluto, rasenta la staticità in riferimento all’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom.

  • Le caratteristiche dell’innovazione tecnologica

Ancora astrattamente:

l’innovazione tecnologica è l’emancipazione dell’uomo sulla natura;
il superamento della fatica di combattere contro le leggi della fisica;
la separazione della ragione dal fato;
la suprema­zia della mente;
il superamento dei fattori localizzativi, la fine della costruzione del territorio.

Se Le Corbusier faceva poggiare la sua casa su pilotis, la sfera autosufficiente poggiata sul deserto potrebbe essere il simbolo concettuale dell’era del superamento del bisogno: il simbolo della spazialità Hi-tech, sim­bolo e non concretizzazione.

  • La spazialità delle nuove tecnologie  come struttura topolo­gica

Nella realtà, assistiamo a nuove forme d’organizza­zione territoriale che producono o nuove concentrazioni (con vecchi disagi), o rarefazioni (con nuovi disagi) tali da ridurre gli abitanti a vivere in vitro.

Se la città, come luogo del lavoro e della vita, è uno spazio mentale (B. Secchi) oltre che fisico, è la sua trasformazione concettuale, il suo ridisegno (A. Rossi) a rivitalizzarla, non l’estraneazione di nuove classi e della loro formazione, di nuove funzioni, ecc., dal contesto sociale complessivo.

La spazialità indotta dalle nuove tecnologie si sostanzia attraverso l’immagine d’una struttura topolo­gica modificantesi a partire da quei punti ove più intensamente s’esprime la socialità, soprattutto in presenza di sviluppo informatico non lineare e contem­poraneità di diverse fasi tecnologiche.

  • Lo spazio di­screto e lo spazio continuo

La specializzazione delle aree, viceversa, fa pensare ancora ad una divisione dello spazio secondo griglie funzionali.

Il concetto di griglia presuppone ancora uno spazio di­screto, corpuscolare, rigido; ad una possibilità di sostituzione indolore di forme e funzioni interne alle sue maglie.

Lo spazio continuo, senza distinzione di valenza tra sé stesso e gli oggetti, presuppone invece una continua modificabilità di tutto il contesto al modificarsi di un suo punto.

  • Kaluza-Klein: catastrofi volanti sfere metaedriche e

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  • Metodologie per la generazione di modelli più complessi delle catastrofi elementari di Thom

Si è già detto che i fenomeni delineati nei paragrafi precedenti mostrano una articolazione ed una com­plessità che superano quelle finora incontrate in altri settori delle scienze economiche e sociali.

Essi ri­chiedevano pertanto un’opera di formalizzazione che ha condotto a modelli matematici del tutto diversi da quelli essenzialmente quantitativi ed algebrici attual­mente utilizzati in questo campo.

Il riferimento non può che essere la teoria della stabilità strutturale

https://frame-frames.blogspot.com/2022/11/la-teoria-delle-catastrofi-quantistica.html?m=1 elaborata da R. Thom e sviluppata da E. C. Zee­man, T. Poston e R. Gilmore.

Essa consente infatti di collegare le fasi di costruzione e di analisi del modello matematico per un dato processo a quelle di definizione delle variabili, dei parametri e delle relazioni tra questi.

  • Modelli geometrico-topologici più complessi delle catastrofi elementari di Thom

Alcune ricerche (Plescia et al.) hanno introdotto delle metodologie per la generazione di modelli geometrico-topologici più complessi di quelli prodotti dalle sette catastrofi elementari elencate da Thom.

Se da un lato la modellizzazione ha dunque un uso esteso delle catastrofi thomiane, delle sfere metaedri­che e delle catastrofi di corango tre, dall’altro essa trae spunto dalle idee fisico-geometriche di Kaluza sulle quali si basano le moderne teorie d’unificazione di due forze fondamentali della natura, dette appunto teorie di Kaluza-Klein.

  • I modelli geometrici per le teorie di Kaluza-Klein

I modelli geometrici adottati per descrivere le teorie di Kaluza-Klein nascono tutti dall’idea che lo spazio-tempo abitualmente considerato come uno spazio a quattro dimensioni, possa in realtà avere un numero di dimen­sioni assai superiori, fino a undici.

Questa ipotesi offre possibili rappresentazioni per gli enti astratti che nascono dal tentativo di unificazione delle quattro forze fondamentali: gravitazionale, elettromagnetica, intera­zione nucleare debole (oggi unificate nella forza elet­trodebole), interazione nucleare forte.

Un modo elementare di pensare ad un simile spazio a cinque o più dimensioni è quello di rappresentare lo spazio­ tempo quadridimensionale con un piano euclideo: un asse è quello dei tempi, l’altro è lo spazio fisico tridi­mensionale.

In ogni suo punto il piano spazio-tempo è tangente a una sfera che rappresenta complessivamente le dimesioni corrispondenti alle altre forze fondamen­tali.

Non procediamo oltre nel precisare come questo modello, ancora approssimativo, sia stato tradotto in uno strumento rigoroso d’indagine, anche perché l’uso della teoria delle catastrofi ci permetterà di giungere allo stesso risultato in un modo che riteniamo più semplice.

  • Le sfere meta­edriche, la diafarfalla, la tetradiafarfalla, l’anfitetra­diafarfalla

In primo luogo, anziché considerare delle superfici sferiche, che sono varietà bidimensionali, introduciamo le superfici catastrofiche che in un precedente lavoro sono state chiamate sfere meta­edriche (Plescia et al.) 
Qui siamo interessati in particolare a modelli generati dalla farfalla.

  • La diafarfalla e la tetradiafarfalla

La diafarfalla è la figura fondamentale che s’ottiene incollando insieme la superficie d’equilibrio “M” (più precisamente, una sua sezione) della farfalla con la superficie “M8” che da questa si ottiene per la ri­flessione speculare.

La tetradiafarfalla è la varietà generata da quattro rotazioni di 90° della diafarfalla intorno alla cuspide comune alle due superfici simmetriche; dettagli geometrici ed analitici si trovano nel già citato lavoro (Plescia et al.).

  • L’anfitetra­diafarfalla

L’anfitetra­diafarfalla infine è la varietà prodotta per riflessione speculare della tetradiafarfalla.
Consideriamo ora la traccia d’una famiglia d’anfittradiafarfalle su una sfera avente il centro nella cuspide centrale dei metaedri e seguiamo il percorso d’un punto mobile all’interno della sfera: esso incontrerà ripetutamente le farfalle appartenenti ad entrambe le falde di ciascun metaedro ed ogni volta s’avrà un cambiamento di regime del processo, in accordo con la morfologia propria della farfalla (R. Thom).

  • Il modello geometrico sostituito alla sfera di Kaluza-Klein

Il modello geometrico che abbiamo in questo modo sostituito alla sfera di Kaluza-Klein è «portatore» di due variabili di stato (x, y) e di quattro parametri (u, v, w, t).

Il passaggio successivo consiste nel sostituirle connessioni «lineari» tra le sfere, costituite dalle rette del piano, con superfici catastrofiche ombelica­li.

Più precisamente si tratta di costruire connessioni, attraverso le tracce delle anfitetradifarfalle sulla sfera metaedrica, fra i metaedri stessi ed uno o più degli ombelichi: la scelta fra ellittico, iperboli­co e parabolico dipende ovviamente dal processo che s’intende formalizzare.
Un esame approfondito dell’aggregazione di più catastrofi mediante connessioni è stato oggetto di ricerche di Plescia et al.

  • Un’altra innovazione nella geometria di Kaluza

E’ possibile introdurre un’ultima innovazione nell’idea geometrica di Kaluza, supponendo che le sfere non si dispongano in modo regolare sopra il piano dello spazio-tempo, ma s’addensino secondo insiemi le cui forme siano isologiche con quelle del processo conside­rato.

A tale scopo, le catastrofi «volanti» appaiono le più idonee a rappresentare forme complesse e variegate, in possibile espansione o riduzione.

E’ noto che, quando le variabili essenziali sono tre o più, non è possibile una classificazione finita delle varietà stabili.

  • La costruzione di nuove catastrofi: Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Tuttavia è stato proposta, in questa ricerca, la costruzione di catastrofi che corrispondono a famiglie di potenziali dipendenti da tre variabili di stato essenziali.

Incominciando con una geometria cubica, ci proponiamo d’ottenere qualcosa di simile al «fazzoletto piegato in quattro» utilizzato da Thom nello studio dell’ombelico iperbolico.

Più precisamente consideriamo un cubo nello spazio tridimensionale (x, y, z) ed immaginiamo di poiettarlo in assonometria monometrica secondo la direzione del vettore (1, 1, 1) sul piano z = – x – y, di modo che otteniamo un esagono e le sue diagonali.

Ripieghiamo questo esagono in una forma «a jet», passando dalle variabili (x, y, z) ai parametri (u, v) (R. Thom).

La pieghettatura produce sei facce giacenti l’una sull’altra, in luogo delle quattro che definiscono l’ombelico iperbolico.

  • Il dispiegamento ombelicale

Il dispiegamento ombelicale (che contiene anche le catastrofi cuspidali) lungo l’asse “w” subisce qui un processo di duplicazione ed appare come l’archetipo della catastrofi del volo: le chiameremo dunque catastrofi volanti ellittiche, iperboliche, paraboliche.

Ricordiamo ora le osservazioni di Thom sulla morfo­logia dei frangenti ed in particolare la sua analisi della transizione iperbolico -+ ellittico -+ iperbolico, per mezzo dell’ombelico parabolico.

Un punto in moto lungo un cappio nel plano (t, w) ha come effetto la trasformazione di un dato
regime “h” in un nuovo regime “k”: questo modello, consente di descrivere processi che presentano catastrofi generalizzate.

Con riferimento alla precedente costruzione di catastrofi di corango tre, possiamo interpretare il regime iniziale “h” come l’epigenesi di catastrofi paraboliche volanti a struttura sferica.

  • Morfogenesi simmetrica e asimmetrica del Hi-tech-space

La metamorfosi della spazialità Hi-tech dipende da una topologia fluttuante, in cui le fluttuazioni dinamiche, sinergetiche, caotiche, archetipali, instabili e dissipative emergono attraverso almeno due forme stabili: una evidenzia microsimmetrie e supersimmetrie o Susy (Witten); l’altra si dispiega in una morfo­genesi differenziale fluttuante, dopo aver infranto la simmetria iniziale.

In quest’ultimo caso, si susseguono equilibri simmetrici e asimmetrici; verrà quindi chiamato Symasy.

Susy derivò dalla teoria gravitazionale di Kaluza­-Klein; fu sviluppata da Wheeler in relazione alla gravità quantica e Freedman la usò per unificare le forze elettrodeboli e la teoria della gravità relativistica.

  • Susy e le teorie di gauge

Più recentemente, Susy è stata di supporto negli studi per unificare le teorie di gauge con la supergravità quantica, avendo presenti due principali obiettivi: da un lato, spiegare l’origine dell’universo per mezzo delle cosiddette teorie «inflazionarie», definendo una teoria post-big-bang; dall’altro lato, risolvere i paradossi concernenti l’energia nelle teorie di gauge e di ipergauge.

Da quest’ultima problematica è nata (proprio durante la stesura di questo lavoro) una nuova interazione fondamentale, denominata «ipercarica».

Si è tentato di innovare la teoria della spazialità nello stesso modo in cui i fisici ed i matematici cercano di catturare le leggi nascoste dello spazio e del tempo, talvolta con successo ed altre no (Plescia et al.). 

  • Hi-tech space Susy e Hi-tech space Symasy

Proponiamo pertanto un modello standard, che chiameremo «Hi-tech space Susy», ed un modello non-standard, che chiameremo «Hi-tech space Symasy».

«Hi-tech space Susy»

contiene undici dimensioni: in cinque dimensioni abbiamo le già menzionate stringhe cilindriche;

in sette dimensioni otteniamo le «ettasfere»;

ed in undici dimensioni il mo­dello è la superstringa cilindrica.

Quando applichiamo la supergravità Susy allo spazio Hi-tech, dobbiamo supporre che la morfogenesi avvenga a diverse dimensioni, ma con le stesse simmetrie.
Ciò significa che la differenza tra un micro-chip e il geospazio è solo quantitativo e non qualitativo.

Si tratta di una osservazione che produce vantaggi rilevanti: è più facile formulare previsioni e produrre algoritmi, pro­getti, innovazioni, ecc.

Ma, non appena appare una perturbazione, non appena le simmetrie invarianti vengono frantumate, allora la predizione, la stabilità e la stessa Susy declinano e scompaiono.

  • Alcune innovazioni teoriche

I fisici sono al lavoro su questa ipotesi; suggeria­mo che lo stesso si debba fare nelle dinamiche urbane e regionali, introducendo alcune innovazioni teoriche: per il momento, esse saranno solo qualitative, ma in futuro potranno seguire risultati quantitativi.

In primo luogo la sfera bidimensionale della teoria di Kaluza-Klein può diventare una sfera densamente cata­strofica (come già indicato) oppure una delle trivarietà di Thurston: la scelta dipende dal processo che stiamo formalizzando.

Quando i mutamenti coinvolgono solo due dimensioni, non vi sono vere difficoltà.

  • Le conflittualità della socialità e nuovi metodi qualitativi

Ma, se sono coinvolte le conflittualità della socialità, la sfera bidimensionale non accresce le nostre conoscenze.

Il fatto è che tali conflittualità dipendono da dinamiche assai più complesse: è stato ipotizzato che
almeno duecento dimen­sioni qualitative siano necessarie per classificare il movimento di una singola persona, e ciò rappresenta un problema quasi impossibile perfino per una teoria della catastrofi generalizzate, che ancora deve essere sviluppata.

Eppure l’attuale comunità scientifica sembra pretendere le computazioni; osserviamo che, anche quando calcoliamo, è necessario comprendere che i risultati saranno condizionati da errori, e che oggi il calcolo con errori sembra avere minore significato, in quanto nuovi metodi qualitativi, più precisi di quelli quanti­tativi, sono disponibili.

  • Lo Hi-tech-space Symasy e il campo morfo­genetico

Symasy esprime l’esistenza di una morfogenesi fluttuante nella topologia che definisce lo spazio­tempo.

Alle dimensioni simmetriche seguono dimensioni asimmetriche; elementi che inizialmente possedevano stabilità e simmetria si dispiegano in variabili geometriche caratterizzanti equilibri instabili.

Nello Hi-tech-space Symasy il riferimento iniziale è un campo morfo­genetico in cui diversi attanti sono in conflitto.

  • La topologia fluttuante, una sfera: asimmetria e simmetria

Se desideriamo semplificazioni, possiamo rappresentare questi attanti con la sfera densamente catastrofica, che è particolarmente isologica: un modello non ancora soddisfacente, ma comunque superiore a qualsiasi algo­ritmo.

Infatti, in questo modello, una topologia fluttuante diviene stabile su una sfera, anche se essa è generata da attrattori strani: l’interno della sfera è asimmetrica, mentre l’esterno è simmetrica.

  • Gli infiniti campi morfologici e l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

Le due dimensioni iniziali possono essere sostituite da variabili catastrofiche.
In luogo del semplice asse della stringa supersimmetrica, avremo infiniti campi morfologici generati dalle dinamiche spazio-temporali di sfere densamente catastrofiche e collegati da catastrofi ombelicali.

Siamo di fronte a nuclei di work-stations interagenti sinergeticamente, che compaiono come strutture dissipative o disperse caoticamente nelle più indefinite e variegate rappresentazioni spaziali.

Le stringhe Syma­sy, attraversate da comunicazioni materiali e immate­riali, riproducono la topologia fluttuante di una ettasfera, che simbolizza l’archetipo di una factory in cui le invenzioni e le innovazioni si susseguono continua­mente.

  • Omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom di Giacinto Plescia: la superstringa catastrofica

Se la sinergia della ettasfera densamente catastrofica raggiungesse un equilibrio stabile, si tradurrebbe in un archetipo che si dispiega lungo la superficie di una superstringa, secondo la forma di una catastrofe ombelicale.

Abbiamo dunque ottenuto una configurazione corrispondente ad una superstringa catastrofica, che non è una delle catastrofi thomiane; il suo archetipo è simile a quelli delle catastrofi elementari, ed è tuttavia densamente simmetrica ed asimmetrica.

  • L’isologia tra la spazialità, una super­stringa iperbolica e l’omphalos chora l’Hi-Tech-space oltre Renè Thom

A questo punto non è difficile ottenere una maggiore isologia tra la spazialità Hi-tech, per esempio una valley, ed una delle catastrofi fluttuanti, per esempio una super­stringa iperbolica.

Più precisamente, nel caso della valley, il modello rappresenta l’attrazione morfologica fra due attanti simmetrici o asimmetrici, per esempio Nord e Sud, se la morfogenesi non è possi­bile verso Est ed Ovest perché esistono oceani, deserti od altri impedimenti.

Evidentemente, se desideriamo aggiungere ulteriori dettagli alla configurazione e quindi accrescere il numero delle variabili, useremo una superstringa iperbo­lica volante, con dodici variabili e un numero maggiore di parametri.

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