Hilary Putnam e la mente

Hilary Putnam e la mente

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Hilary Putnam e la mente

Hilary Putnam e la mente ovvero il TMC topologia della mente, dell’Io, della coscienza e del mondo, parte dalla lezione “il cervello in vasca” di Ermanno Ferretti che si pone queste domande: “il mondo e le cose esistono veramente? Cos’è la realtà? Esiste di per sé stessa al di là di noi?“.

Al centro delle riflessioni della filosofia e della scienza sono tornate le domande fondamentali: io, la coscienza, le cose, gli oggetti, il mondo.

  • Hilary Putnam e la mente

Sia la filosofia che la scienza da sempre si pongono le stesse domande dei bambini “Cos’è e perché” e Hilary Putnam https://www.treccani.it/enciclopedia/hilary-putnam_%28Enciclopedia-Italiana%29/ ha vissuto pensando a questi interrogativi cui ha fornito alcune risposte, ripudiate in momenti differenti, e ha dato seguito ad  una riflessione tesa ad addivenire ad una conclusione esaustiva.

  • I modelli quantistici della mente: Roger Penrose e

    la regione di Planck

La mente non è riconducibile alla computazione, Penrose unifica così relatività e meccanica quantistica.

Il fisico colloca la coscienza negli interstizi tra le due dimensioni della fisica classica e di quella quantistica.

Il nostro corpo e, segnatamente, il cervello è costituito da vuoto quantistico.

Il ‘cocktail’ di Penrose è singolare: c’è il vuoto di Planck conosciuto come “schiuma” quantistica, una dose di relatività  cioè di spazio-tempo e materia-energia.

In tal modo Planck con la sua formula ‘10-33 cm’ insidia la fama dell’ ‘E = mc2’ di Einstein.

  • La coscienza quantistica di Penrose 

Senza i microtuboli non si dà coscienza ed è in essi che l’entaglement vive e genera la consapevolezza di sé stessi.

Meccanica quantistica e relatività generale vanno a incrociarsi ed unificarsi nel cervello: è la teoria dello “spin network”.

Roger Penrose, sul sistema neuronale ha formulato la tesi della coscienza quantistica: i neuroni presentano i microtuboli attraverso cui alimentano le cellule, la loro è una struttura frattale, come per esempio il cavolo romano, ove si ottiene la stessa figura cioè la forma o lo schema in ogni parte e all’infinito, dove si sviluppano processi di stampo quantistico e la coscienza seguirebbe le regole vigenti nella meccanica quantistica.

  • La filosofia, il fisicalismo e il riduzionismo

La filosofia investe la sfera umana in tutte le attività conoscitive e pratiche, investe l’intera vita dell’uomo, non riguarda solo il “corretto modo di ragionare”, come spesso hanno sostenuto molti filosofi analitici, e neppure astratte speculazioni metafisiche, tendenza che ha caratterizzato la tradizione continentale europea.

Il pensiero filosofico riguarda la nostra capacità di sentire, di immaginare, ovvero “tutta la nostra sensibilità” di esseri umani.

Il fisicalismo e il riduzionismo affrontano lo studio e descrivono egregiamente il cosmo e la natura ma si mostrano incapaci di indagare e capire la coscienza ovvero “i suoi aspetti semantici”.

  • Il soggetto, la realtà del mondo, Hilary Putnam e la mente

Sembra reale, oggettivo, dimostrabile, verificabile che un individuo ha una vita interiore, che sa di essere, di pensare, di avere dilemmi etici, credenze, certezze e dubbi: in sintesi, di avere una coscienza di sé e di fare esperienza del mondo e degli oggetti in esso presenti e di relazionarsi con essi e con i propri simili.

“Non le vediamo tutte le cose né tanto grandi quanto sono, ma la nostra vista si apre la via per investigare… in modo che la ricerca passi da ciò che è evidente a ciò che è oscuro” (Seneca).

Andare al di là del visibile perché “l’universo, oltre i limiti di questo nostro mondo, è infinito” per questo è utile procedere “fuori dalla via battuta” (Parmenide) consente di intraprendere nuovi percorsi di ricerca su Hilary Putnam e la mente.

  • La coscienza, l’osservazione e l’osservatore

Come dire e cosa dire della coscienza allora e dove si colloca: in interiore homine, nella mente, nel cervello?

La nostra mente pensa… la mente con la … mente ed all’interno del proprio pensare: il metodo scientifico, oggettivo e replicabile è valido in questo scenario?

Il soggetto conoscente non è un osservatore esterno al mondo dei fenomeni che descrive, ma è in una relazione complessa con ciò che osserva.

Conoscere è un sistema complesso che include osservatore e osservato: conoscere è una relazione e conoscere è conoscere relazioni: si conoscono non elementi separati dal contesto, ma configurazioni e rapporti dinamici tra elementi.

Nessuno è un microcosmo isolato in sé stesso “l’immagine dell’uomo come microcosmo riflesso del macrocosmo conserva il suo valore: chi conosce l’uomo conoscerà l’universo” (Thom).

  • L’io in un disco

Immaginiamo un disco in cui sia incisa una musica infinita i cui confini e l’orizzonte degli eventi sono ben delineati come la forma di disco, ma di cui impossibile percepire e calcolare l’itinerario interno.

Quando il sapere ha di fronte a sé la forma completa di un disco può definire l’evoluzione complessiva, può dare qualche ordine al disordine.

Lo stesso soggetto visivo, all’interno del disco, non riuscirebbe mai a stabilire un itinerario, un senso, una conoscenza, un ordine: si troverebbe in un classico “chaos”.

  • Il caos e l’universo

Forse il “chaos” è compresente in tutte le dimensioni dell’universo e non appare leggibile per la razionalità, per il sapere ed il calcolo.

Si può definire “l’ontologia del chaos” quale rappresentazione dell’essenza delle cose nella propria dimensione non delineata da nessuna cultura.

Ma quando l’osservatore lascia che il “chaos” vinca le sue battaglie in quella dimensionalità e si sposta verso una dimensione “altra”, il “chaos” cessa di essere tale per rivelarsi nella sua armonia e bellezza simmetrica.

Perché il “chaos” possa essere considerato un oggetto di osservazione, quindi, si dovrà trovare una soggettività visiva che ne delimiti l’orizzonte, il senso e la forma.

In questa dialogia tra ordine esterno e disordine interno o viceversa, c’è tutta l’essenza “dell’ontologia del chaos”: è possibile rintracciare i prodromi di questo paradigma, nella monade leibniziana quale sfera contenente in sé il “chaos” e il “cosmos” ovvero, nella monade c’è un succedersi di simmetria ed asimmetria, di “cosmos” e “chaos”.

Per poter parlare della “physis”, quale “ontologia del chaosmos”, non è più possibile utilizzare il linguaggio che tutt’ora costituisce la nostra “koinè”, perché l’evidenziarsi del “chaosmos” quale “physis” ha messo in crisi non solo le grandi narrazioni, ma anche l’essenza stessa del linguaggio.

In questo contesto è necessario un’interpretazione verso altre forme della conoscenza e del sapere.

  • Fisica classica, complessità e la regione di Planck

La fisica non vede tutta la realtà, quasi come noi, questo spazio non conosciuto non ancora osservato e verificato è tale in quanto ‘collocato’ al di sotto della regione di Planck: dove i nostri sguardo non affondano quanto dovrebbero si dispiegano le leggi della meccanica quantistica che rigettano le logiche della nostra mente e il comportamento degli oggetti del macromondo.

Con la geometria dei sistemi dinamici si dà centralità a fenomeni al di sotto dell’intervallo della misura fisica: una variazione, fluttuazione non misurabile, un “non-nulla”, al di sotto della misura, può determinare l’evoluzione di una dinamica.

Le teorie della complessità disegnano un mondo dominato da un’instabilità permanente, caotica e il senso della temporalità, in questa visione, avverte il declino sia della linearità sia della ciclicità.

Il paradigma della complessità contrappone alle traiettorie lineari della fisica classica, forme inaspettate e fenomeni di cui non possiamo prevedere l’evoluzione linearmente, a partire delle condizioni iniziali.

I modelli complessi studiano il carattere di sistema degli oggetti della conoscenza, i sistemi autopoietici e i sistemi dissipativi, instabili e in trasformazione appunto per questo offrono un contributo alal filosofia circa il problema della coscienza e su Hilary Putnam e la mente.

  • J. A. Wheeler e Planck

C’è una dimensione limite nella tecnologia elettronica?

J. A. Wheeler sostiene essere la regione di Planck https://www.treccani.it/enciclopedia/max-karl-ernst-ludwig-planck ovvero significa che tutta l’oggettualità tecnologica potrà omologare la sua spazialità a quella dimensionalità infinitesima.

Esisteranno allora due misure stabili, oltre le quali le catamorfie tecnologiche non potranno recreare alcuna tecnologia, quella formulata dalla relatività e quella enunciata dalle teorie della gravità quantistica.

L’unico aggiramento di circostanza potrà essere fornito soltanto dalla combinatoria topologica dei frammenti primigeni della tecnologia: intelligenze artificiali con prevalenza di software, intelligenza organica o biologica artificiale.

  • La conoscenza come relazione

Le teorie della complessità affermano, contro l’ideale di spiegazione scientifica deterministica e causale, della fisica classica, la concezione della conoscenza come relazione e come conoscenza di relazioni, di insiemi organizzati o sistemi le cui parti sono in interazione dinamica: la realtà è un organismo, un nodo di relazioni dal comportamento disordinato.

La concezione della conoscenza come relazione riporta a Carlo Rovelli https://www.giacintoplescia.it/carlo-rovelli-e-i-buchi-bianchi/ che afferma “La realtà è un insieme più complesso di quello che possiamo vedere” ed a René Thom ed Aristotele perché esiste una “potenza coesiva, relazionale” (in “L’Antériorité ontologique du continu sur le discret: synektike dynamis”) e una priorità ontologica del continuo sul discreto.

  • La fisica classica e la meccanica quantistica: interpretazioni e verità

La fisica classica è deterministica, l’aleatorio, l’incertezza delle dinamiche non-lineari cambiano la “dynamis” delle variabili spazio temporali o lo spazio-tempo della fisica classica che non spiega della nostra dimensione i fenomeni complessi, ad esempio, gli stati meteorologici. 

Se la fisica classica si occupa solo di quanto possiamo dire della natura, la quantistica si pone la domanda ‘quale particella vede un’altra?’ e della proposizione ‘ci sono eventi e non enti’ ovvero si chiede quali siano le interazioni delle particelle elementari nella materia, nella realtà della natura” (Bohr) e la risposta è che l’elettrone esiste nel relazionarsi con altri elettroni.

Ambedue, sia la classica sia la quantistica ammettono una teoria con diverse interpretazioni o altrimenti detto, se includiamo nella definizione di una teoria anche la sua interpretazione, due diverse teorie che descrivono gli stessi fenomeni.

  • Fisica quantistica relazionale

Quella sorta di superbia isolazionistica e di silenzio ontologico degli oggetti viene meno grazie alla quantistica che li fa incontrare ed interagire.

Dalla solitudine dell’oggetto alla relazione, dal singolo punto di un ricamo alla magnificenza dell’opera compiuta: un salto paradigmatico.

Per la meccanica quantistica non esiste uno stato d’essere degli oggetti: nel profondo della materia gli oggetti non esistono separati: la realtà è un tessuto di relazioni che, in modi differenti, intercorrono tra gli oggetti: i fenomeni non sono la somma di elementi singoli e la natura presenta un’organizzazione a noi invisibile, è strutturata come totalità.

  • La meccanica quantistica, lo stato e la misura delle particelle

La meccanica quantistica rimette in discussione le nostre pretese di conoscere la realtà ovvero la materia perché, in realtà, della realtà (non è un gioco di parole) conosciamo solo una parte e cioè le particelle che, per giunta, si divertono a presentarsi e rapportarsi in modi singolari e inspiegabili.

Le particelle non sono oggetti e non si sa quale spazio, occupino infatti sullo stato delle particelle possiamo solo pronunciarci in termini probabilistici e solo nel misurarle ne veniamo a conoscenza, infatti, lo spin di un elettrone non è conoscibile prima della misura: “lo stato che si misura non è preesistente ma è creato nel momento della misurazione” (Faggin) ovvero siamo in balia delle onde non dell’oceano ma della probabilità.

E’ impossibile conoscere contemporaneamente posizione e velocità di un atomo perché  il principio di indeterminazione va a confliggere con le nostre pretese di precisione ed oggettività relativamente allo stato di un sistema.

Nella dimensione quantistica ogni misurazione va a cambiare ciò che viene misurato: il punto di vista dell’osservatore interviene nel processo e modifica la realtà osservata in base al principio di indeterminazione di Heisenberg https://www.britannica.com/science/uncertainty-principle per “vedere” un “micro-oggetto” dobbiamo agire su di esso con strumenti, che modificano le condizioni del sistema.

Il soggetto non è “esterno” ai fenomeni studiati osservatore e oggetto osservato sono inscindibili e per Gödel “ci sono asserzioni formulate in modo esatto che non sono né vere né false” e “la matematica rimette in discussione la possibilità di misurazione” per René Thom. 

  • L’entanglement quantistico 

Due particelle, se in un primo momento vengono a relazionarsi tra loro continuano a mantenere una connessione anche quando si ritrovano separate infatti nel misurare l’una, persistendo la distanza tra loro, anche l’altra viene ad essere investita di questa misurazione.

Resta senza alcuna spiegazione il fenomeno della ‘non località’ per cui una particella resta correlata ad un’altra senza aver avuto ‘contatti’ con quest’ultima ovvero misurare una particella comporta che un’altra faccia lo stesso valore anche se ne è ‘distante’.

Di conseguenza le due particelle sono ‘entagled’ e rappresentano uno unico stato quantistico ovvero due particelle sono una sola particella.

  • Il principio di indeterminazione di Heisenberg e il teorema di incompletezza di Gödel

La causalità in cui si crede nella nostra quotidianità si mostra illusoria: l’entanglement ha capovolto, come la teoria copernicana, la precedente visione della natura.

Se il cosmo nelle sue strutture fondamentali, si dispiega secondo stati di collegamenti, l’entanglement è paragonabile all’indecidibilità del teorema di incompletezza di Gödel in matematica ed al principio di indeterminazione di Heisenberg.

Questo cambio di paradigma vale in matematica, fisica e quantistica e non solo per le scienze naturali ma per il pensiero e si può ben dire che la crisi dei fondamenti è più che… profonda anche in fisica.

  • La meccanica quantistica e la domanda sulla verità

La meccanica quantistica presenta una definita struttura formale e conferma empirica, tuttavia conserva aperte una serie di questioni: dalla ‘teoria dei molti mondi’, alla ‘teoria della riduzione dinamica’ e alla ‘teoria della decoerenza’.

Ognuna di queste interpretazioni ci dice qualcosa di diverso su come è fatto il mondo descritto dal formalismo quantistico.

La domanda sulla verità di una proposizione come “l’elettrone ha una traiettoria ben definita” secondo alcune interpretazioni avrà una risposta negativa, secondo altre interpretazioni una risposta positiva.

La fisica, sia classica sia quantistica, ammette una teoria con diverse interpretazioni; o altrimenti detto, se includiamo nella definizione di una teoria anche la sua interpretazione, due diverse teorie che descrivono gli stessi fenomeni: la meccanica quantistica è una teoria fisica con una definita struttura formale e una determinata portata empirica, ma con un problema interpretativo ancora aperto.

E’ aperta la domanda: quali sono i rapporti tra la verità della proposizione e l’interpretazione scelta? La risposta dipende dall’interpretazione scelta.

  • Il criterio di oggettività intersoggettiva

Nello spirito della teoria della relatività, l’invarianza delle leggi fisiche rispetto alle trasformazioni “spazio-temporali” esprime l’invarianza rispetto a cambiamenti dei sistemi di riferimento o “osservatori”.

Su questa base, è quindi possibile porre le invarianze “spazio-temporali” in rapporto con un criterio di oggettività intersoggettiva della descrizione fisica: le leggi mediante le quali descriviamo l’evoluzione dei sistemi fisici hanno valore oggettivo in quanto non cambiano.

Oggettivo è ciò che è invariante rispetto al gruppo di trasformazioni dei sistemi di riferimento, oggettività significa invarianza.

Se la pratica sperimentale non contraddice i risultati teorici si è sicuri della bontà della teoria ma non certo della sua intrinseca oggettività.

  • La relatività e la geometria non-euclidea

La relatività generale indica che la curvatura dello “spazio-tempo” è influenzata dalla distribuzione delle interazioni gravitazionali, quindi la relatività è ontologica.

Dalla relatività generale viene l’idea che lo “spazio-tempo” è dinamico e che la gravità dovrebbe essere relativa.

E’ vero che il tempo astratto è costruito in parte dall’uomo quando misura la successione dei moti naturali: il giorno, l’anno, in quanto tali, sono entità di ragione fondate sulla realtà, ma altri aspetti del tempo sono ontologici e “pre-metrici” ed il futuro non è un ente di ragione.

Il tempo, lo “spazio-tempo”, è relativo allo stato di moto di un dato sistema di riferimento, e nella teoria della relatività generale il tempo è anche relativo alla intensità del campo gravitazionale, cioè alla curvatura dello spazio.

La relatività generale indica che la curvatura dello “spazio-tempo” è influenzata dalla distribuzione delle interazioni gravitazionali, quindi la relatività è ontologica.

La geometria “non-euclidea” e la relatività speciale si disvelano dalla idea di “spazio-tempo” con l’abbandono della simultaneità assoluta, del tempo assoluto nella fisica.  

  • La fisica classica e le nuove teorie 

Nel “cosmos”, spazio e tempo ci appaiono, sia nella fisica classica fino a Newton sia nella fisica einsteiniana e post, come regolati da una legge e da una rigorosità calcolabile e nel contempo come se fossero governate da identiche leggi, sensi, forme.

Le nuove teorie della fisica, della geometria, della sociologia, dell’economia, della matematica e della biologia sono rette da epistemologie instabili e fluide come le geometrie non euclidee (nodi, dei tori, anelli, etc.) si interessano delle trasformazioni.

Per la teoria delle stringhe, oltre agli elettroni e ai “quark”, c’è un altro livello di struttura, un piccolo filamento di energia vibrante; questi filamenti vengono piegati, arrotolati, in una configurazione descrivibile attraverso una geometria dei “nodi” o dei “nastri”.

Lo spazio viene considerato come un “corpo in trasformazione” e la geometria assume il compito di trovare leggi metamorfiche.

  • L’ attrattore strano di Lorenz e la temporalità immaginaria di Hawking

Con l’”attrattore strano” di Lorenz e le teorie di Hawking, Plescia delinea il paradigma della temporalità immaginaria e vede nello “zeit-raum” mozartiano la metafora del “chaosmos”.

Si potrà definire un “attrattore strano” avente una dimensionalità temporale caotica ed una dimensionalità spaziale cosmica e questa è una singolarità.

Nello “zeit-raum chaosmico” è possibile che lo spazio ed il tempo siano governati da una “differenza”: tempo ordinato e spazio disordinato, tempo caotico e spazio cosmico.

Lo “zeit-raum” sarà quindi, quale metafora del “chaosmos”, lo spazio cosmico entro cui è possibile far soggiornare il tempo caotico e nel contempo il tempo cosmico, ove soggiorna lo spazio del “chaos”.

Si potrebbe anche evidenziare una fenomenologia in cui una spazialità cosmica sia abitata da una temporalità caotica e viceversa.

In Mozart, c’è l’eventuanza della dinamica, o la morfogenesi d’onda o superonda o del “chaos” sublime dinamico, o “chaosmica” sublime.

Lì lo spazio-tempo dinamico, le vibrazioni, le trasformazioni, le composizioni o proiezioni, i movimenti di cambio o di pura velocità o di velocità differenziale eventuano la dinamica della singolarità della transonanza: dispieganti singolarità morfologiche.

  • Il chaosmos in Joyce

Joyce col suo ossimoro “chaosmos” volle dirci che l’antica distinzione tra ordine e disordine, tra “cosmos” e “chaos”, tra tempo ordinato e tempo disordinato, possono trovare un punto di fusione nell’essenza del “chaosmos” ovvero in un “cosmos” ove non regna più la simmetria apollinea ma fa da padrona l’asimmetria dionisiaca.

Nello stesso tempo quell’asimmetria dionisiaca non si trova iscritta in una temporalità ben definita, con un orizzonte degli eventi, dei limiti ben evidenziati; tant’è che è impossibile uscire da quelli se non in una sorta di “de-lirio” e di “sublimen” cioè di un andare oltre la linea dell’orizzonte e quindi in un altro mondo “chaos-cosmos”.

  • La physis ed il chaosmos

In principio il “chaosmos” è isologico con la “physis”  questa isologia è possibile interpretarla come un “attrattore strano” ove la “physis” si evidenzia con un orizzonte, una forma, una formula rigorosa e completa ma che in sè possiede infiniti itinerari labirintici.

Il “chaos”, quando lo si contrappone al cosmos diviene sinonimo di fenomeni incomprensibili, indecidibili; quando si trova un punto di fusione col “cosmos” “l’ontologia del chaos” dispiega luoghi e regioni dello “spazio-tempo” ove gli eventi appaiono disordinati, indecidibili nel piccolo, ma, in una dimensione diversa appaiono in una prospettiva differente dalla precedente ma non per questo incomprensibili.

  • Petitot: scienze naturali e aspetti qualitativi 

La “macrofisica qualitativa dei sistemi complessi” oltrepassa i limiti della geometria e della fisica concepite da Husserl: così è possibile, secondo Petitot, sciogliere il vincolo, che separa la fenomenologia, come analisi qualitativa, del percepire costituendo il reale dalle scienze esatte e individuare“ un terzo termine fenomenologico” che sia un linguaggio qualitativo della percezione e che condizioni le strutture del linguaggio permettendo una descrizione qualitativa del percepito e, infine, che sia derivabile dai formalismi stessi dell’obiettività fisica.

E’, oggi, possibile traghettare le scienze naturali verso scienze che elaborano aspetti qualitativi.

Petitot ha in mente la teoria delle catastrofi e delle biforcazioni, degli attrattori di sistemi dinamici non lineari, che sono in grado di spiegare come unità microscopiche possano organizzarsi in strutture emergenti macroscopiche.

A Jean Petitot il premio Giulio Preti 2011 

“Per le capacità eccelse nell’essere riuscito a saldare due materie tra loro in apparente contrasto, la filosofia e la matematica”.

  • La fisica… metafisica 

L’universo ha il 95% di materia oscura così denominata perché non la si vede se non indirettamente per via della gravità e non è certa neanche l’esistenza dei buchi bianchi ovvero potrebbero essere esistiti per una frazione di tempo per poi essersi dissolti: evidentemente anche la meccanica quantistica naviga in acque non limpide.

L’enigma della quantistica si dispiega su molti piani: permette la nascita della tecnologia in cui siamo immersi ed apre alla comprensione ad eventi e fenomeni della natura prima incomprensibili ma che pone domande fondamentali non ancora spiegabili.

I fisici non possono affermare di essere meno ‘evanescenti’ dei filosofi che non sarebbero avvezzi alla rigorosità infatti parlano di entità che si ipotizzano esistenti ma di cui non sanno l’esistenza e non sanno come e quando la dimostreranno: i fisici sono metafisici?

  • Per una critica della fisica

L’immagine retinica di un oggetto percepito varia in continuazione, tuttavia esso viene percepito come lo stesso oggetto finché le sue variazioni non lo perturbano troppo: a livello percettivo, è questo il problema della stabilità strutturale e del cambiamento.

I modelli scientifici della fisica non sono in grado di spiegare il comportamento dei fenomeni di produzione delle forme come invece i modelli catastrofici che forniscono intelligibilità a fenomeni apparentemente molto diversi tra loro tramite i concetti di isteresi, pregnanza, salienza, singolarità.

Le forme hanno una loro dinamica e, accanto ai domini di stabilità, si osservano situazioni nelle quali piccole modifiche provocano grandi cambiamenti, allora emerge una nuova forma, cioè si produce una catastrofe, un nuovo livello di stabilità strutturale del fenomeno: è la morfogenesi ad occuparsi occupa di tali processi e i cambiamenti di forma vengono denominati catastrofi.

Punti problematici, cioè quelli a tangente orizzontale, sono detti punti critici o singolari, le singolarità: centri organizzatori della catastrofe.

La dinamica non lineare moderna, da Poincaré a Thom, ha stabilito che le traiettorie nello spazio geometrico sono strutturalmente stabili solo per un certo intervallo, fuori da quell’intervallo si salta su traiettorie diverse con una transizione rapida, biforcazione, e a volte discontinua: nasce una catastrofe.

Il dato di osservazione è dotato di una struttura e di un’organizzazione (le pregnanze), che l’uomo, grazie alla sua capacità di modellizzare, giunge a rappresentarsi (Thom).

  • Un modello topologico della coscienza: il TMC ovvero the Topological Model of Consciousness

“Qualsiasi forma deve la sua origine ad un conflitto… “noi stessi siamo e non siamo, tutto scorre tutto si muove ... non si può toccare due volte una sostanza nel medesimo stato, a causa dell’impetuosità del mutamento” pertanto, per conoscere la materia, è necessario “unire ciò che è completo e ciò che non lo è, ciò che è concorde e ciò che è discorde, ciò che è in armonia e ciò che è in contrasto…. è la medesima realtà il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli mutando son questi: il πόλεμος è padre di tutte le cose” (Eraclito) .

Rebus sic stantibus emerge la necessità di ricorrere a nuovi percorsi di ricerca intorno alla coscienza che facciano riferimento alla teoria delle catastrofi, degli attrattori, dei sistemi dinamici non lineari e alle suggestioni delle stringhe e delle superstringhe di Veneziano. 

  • Nuovi modelli della teoria delle catastrofi, oltre Thom: il diadema, la sfera ombelicale, la sfera metaedrica, la diafarfalla, la tetradiafarfalla, la anfitetradiafarfalla, le anfittradiafarfalle

Il mondo appartiene al “triton ghenos”: è una singolarità, uno spazio dinamico, imprevedibile, non formalizzabile un sistema aperto che scambia sia materia sia energia con il mondo esterno, è isologica sia alle unità produttive e abitative, che la costituiscano, sia ad altri sistemi aperti della fisica, della biologia e della chimica: per essere interpretato è necessario ricorrere a nuoci modelli di catastrofi.

Si tratta della costruzione di metaedri, modelli topologici complessi clonati da un centro organizzatore e della costruzione di una struttura costituita da più poliedri: il “diadema”, la “sfera ombelicale”, la “sfera metaedrica”, la “farfallacuspide”, la “tetrafarfallacuspide”, la “collana”.

La farfallacuspide inventa il nuovo, il metaedro conserva le vestigia, la tetrafarfallacuspide dispiega socialità individuali e collettive.

La farfallacuspide è la rappresentazione topologica dell’alterità sociale quale desideranza spaziale che inventa il nuovo: è pregna di eventi.

La “tetrafarfallacuspide” esprime la dialogia tra intelligenza della socialità, espressa in desideranza spaziale, interagente con la spazialità dei media di produzione.

L’ellittico interno al parabolico sarà la rappresentazione topologica dell’alterità sociale emergente quale desideranza spaziale attante verso futuri universi.

La Topologia: quando una tazza e/è uguale ad una ciambella

Nuovi modelli di catastrofi, M-theory, superstrings di Giacinto Plescia

https://www.dailymotion.com/video/x1d2vo#.VW83pwfYWT4.blogger

  • L’omphalos ed il TMC: per una topologia della mente

L’”omphalos” è l’ archetipo che sintetizza l’economia con la spazialità urbana e della casa ed esprime etimologicamente non una catamorfia involvente, concava, implosiva, ma una salienza anamorfica, crescenza d’instabilità: assumerà una figura di regolazione ad ombelico nell’interno del quale la scienza e la tecnologia, fluttuante, ricreeranno dinamicità spaziali caotiche e cheotiche, eutopiche e distopiche.

La spazialità dell’”omphalos” viene formalizzata dalle catastrofi ombelicali tramite l’introduzione, di modelli topologici dotati di complessità superiori alle catastrofi di Thom

Le singolarità del processo sono dispiegate dalla spirale catastrofica ed il modello assunto è archetipale, sintagmatico, qualitativo.

In particolare: c’è un apeiron tra la topologia e le supercorde di Veneziano: la cronospazialità immaginaria di Hawking: un chaosmos d’interpretanza catastrofica.

Modelli di supercorde fullereniche, superstringhe e singolarità danno vita a un sistema intelligente con simultaneità operative.

  • Il determinismo e il metodo qualitativo: il TMC topologia della mente

Thom in risposta ai dubbi dei fisici circa la sua teoria scrive: “non c’è un dominio del pensiero umano in cui l’uso di modelli geometrici non possa essere di qualche utilità… i modelli quantitativi hanno davanti a sé un bell’avvenire. Ma, essi presentano efficacia solo per i sistemi che dipendono esclusivamente da un piccolo numero di parametri. 

I metodi qualitativi fanno appello alle nozioni di campo morfologico, di creodo, nozioni associate alle singolarità d’un insieme di biforcazioni di uno spazio funzionale di dimensione infinita, sfuggono a questa difficoltà

Ma non permettono che una classificazione locale delle singolarità della morfogenesi. 

Il problema dell’integrazione dei modelli locali in una struttura globale stabile (che potrebbe essere l’oggetto di una topologia dinamica), benché abbozzato nel caso degli essere viventi, resta aperto”.

  • La teoria delle catastrofi e le sue applicazioni con Zeeman 

La teoria di Renè Thom si è mostrata capace di feconde interpretazioni ed applicazioni in moltissime discipline che vanno, dopo la matematica e la fisica, all’economia, alla sociologia, alla biologia, all’etologia, alla politica, alla psicologia ed alle nuove tecnologie https://www.giacintoplescia.it/nuove-tecnologie-e-il-knowledge-oltre-rene-thom/ 
Zeeman ha divulgato la teoria delle catastrofi e ad applicare i modelli di Thom in altri ambiti quali il sociale e l’economia https://www.giacintoplescia.it/giacinto-plescia-ricerche-progetti-e-pubblicazioni/  ed esplicita la teoria realizzando la macchina delle catastrofi
 Si tratta di un disco collegato ad un perno centrale: mentre due strisce vengono fissate vicino al perimetro, una delle due strisce consente di far ruotare il disco ed è in questa fase che, ad un certo punto, a normali rotazioni succedono degli scatti improvvisi da un lato all’altro e questi movimenti generano una forma a diamante ovvero una curva con quattro cuspidi che vanno a formare la biforcazione della catastrofe cuspidale https://www.giacintoplescia.it/tecnologie-e-teoria-delle-catastrofi-dopo-rene-thom/
ZEEMAN CON LA MACCHINA DELLE CATASTROFI

ZEEMAN CON LA MACCHINA DELLE CATASTROFI

  • Conclusioni: il TMC the Topological Model of Consciousness

Thom ha optato per un metodo ermeneutico e qualitativo della sua teoria che in questo modo è applicabile alla biologia ed alle scienze umane e scrive “Io non ho mai considerato in modo sistematico l’utilizzazione della teoria delle catastrofi in un’ottica di teoria generale dei sistemi.
Pensavo che le catastrofi dovessero avere lo spazio-tempo come variabile di controllo. 
Devo riconoscere i suoi grandi meriti nell’aver consentito un’estensione del campo concettuale della teoria”. 
Con questo articolo si spera di aver contribuito ad offrire una nuova visione dell’io, della coscienza e dei problemi sollevati da Hilary Putnam e la mente.

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