Il sublime, il piacere e l'angoscia GIACINTO-PLESCIA-PAESAGGIO-STILE-MATERICO-OLIO

Il sublime il piacere e l’angoscia

Il sublime il piacere e l’angoscia

La paura e l’angoscia  sono intimamente connessi al sublime e sorgono di fronte all’essere infinito, alle altezze imprevedibili: l’oceano, grandi figure e il grande spirito della natura o grande genius nella creazione fisica.

La rappresentazione del sublime ci incute terrore e timore: altezze, solitudini profonde, e in esse il luogo di soggiorno terrificante e solitario degli anacoreti.

Alcune cose sublimi possono suscitare un sacro terrore: un mostruoso castello le cui rovine ci mostrano l’antichità, moti dell’animo suscitato da tragedie, rappresentazioni poetiche e oggetti naturali.

La notte è sublime, ma il giorno è bello, poiché ciò che suscita terrore, non sempre lo troviamo sublime https://www.giacintoplescia.it/la-bellezza-del-sublime/ e al contrario mostriamo avversione di fronte a ciò che ci riempie di timore.

  • La paura

Non sempre vi è una coincidenza fra il terrore e il sorgere in noi dell’idea di sublime e testimonia che spesso, nei confronti di ciò che suscita terrore, assumiamo un atteggiamento di ripulsa circa il sublime il piacere e l’angoscia.

La paura, viene sospinta indietro e moderata dalla considerazione della propria sicurezza, e dell’impulso a estendersi che è troppo grande per le capacità di comprensione.

  • Il sentimento del sublime

Il sentimento del sublime consiste nella possibilità di pensare un oggetto, “gegenstand”, che per grandezza supera qualsiasi misura sensibile.

Per il sublime, non si dispone di una denominazione atta a caratterizzarlo: una comparazione ci conduce ben al di là della misura abituale delle grandezze e l’immaginazione subisce, alla vista di esso, un’estensione tale che la misura abituale non è più sufficiente a comprendere l’oggetto, “gegenstand”.

  • Il sublime e l’abisso

Il sublime scaturisce dalla scoperta di un abisso, “abgrund”che si estenda oltre i confini dei sensi: il sublime quale rappresentazione, destinazione o disposizione ad estendersi fino a superare ogni misura dei sensi. L’assolutamente grande non è il risultato di un paragone o una comparazione spaziale.

  • Il dolore

Il sentimento del sublime si fonda sulla tendenza alla propria conservazione e sul timore, su di un dolore.

Il dolore, poiché non arriva allo sconcerto reale delle parti del corpo, produce dei movimenti capaci di suscitare emozioni piacevoli, non un vero piacere, ma una specie di orrore piacevole, una certa calma mista allo spavento.

  • L’immaginazione: il sublime il piacere e l’angoscia

Il rilassamento delle fibre del corpo, e quindi, un intenerimento, una dissoluzione, un illanguidimento, un soggiacere, uno struggersi dal piacere: il sentimento della bellezza o del sublime può esser suscitato dall’immaginazione congiunta con l’intelletto, ma anche con quelli in cui la causa determinante è una sensazione.

Migliore sublime è ciò in cui l’immaginazione viene a tal punto estesa dall’oggetto, che la misura usuale non è più sufficiente a comprenderlo.

Ma se il piacere, per un oggetto, si fa dipendere del tutto dal fatto che questo diletta per via di attrattive od emozioni, non si può esigere da nessun altro il consenso nel giudizio estetico: perché allora ciascuno consulta il suo sentimento particolare, cessa anche interamente ogni disputa.

L’universalità empirica e non necessaria del giudizio estetico, cui conduce la definizione del sublime come attrattiva e commozione vengono, elevate a “precetto”, in accordo con la metodologia empiristica che, dall’osservazione di come si giudica di fatto, ricava le norme su come si deve giudicare il sentimento immediato del ben-essere cui sottoporremmo il piacere o un dispiacere: piacere disinteressato, contrapposizione fra attrattiva e bellezza coincide con quel piacere che l’anima ricava dalla contemplazione della bellezza o desiderio.

  • Il desiderio, il piacere ed il dolore: le rappresentazioni

Il desiderio, mira al possesso della cosa che di per sé non è bella per l’anima, ma le procura piacere per motivi del tutto diversi, a prescindere dall’attrattiva e dalla commozione nella spiegazione del piacere disinteressato: il sublime ci libera, attraverso il nesso con il sentimento etico del rispetto, dai moventi sensibili, e allontana, da ogni commistione con qualsivoglia interesse dei sensi.

Tutte le rappresentazioni, siano esse oggettivamente sensibili o intellettuali, possono essere soggettivamente congiunte col piacere e col dolore.

  • La corporeità in Epicuro: immaginazione e rappresentazioni intellettuali

Il sublime ad una “tensione” delle fibre del corpo, può esser suscitato dall’immaginazione congiunta con l’intelletto, ma anche con quelli in cui la causa determinante è una sensazione.

Se nel ricondurre il sublime al rilassamento e tensione delle fibre del corpo e nel farli consistere in essi, quindi in sentimenti di natura sottesa è la tesi, che risale ad Epicuro, della corporeità.

  • Il piacere ed il dolore

Così pure, come affermava Epicuro https://it.wikipedia.org/wiki/Epicuro il piacere e il dolore sono sempre corporei anche se provengono dall’immaginazione o da rappresentazioni intellettuali.

Tra ciò che piace semplicemente nel giudizio, e ciò che diletta piace nella sensazione, vi è, spesso, una differenza essenziale.

Il diletto pare che consista sempre in un sentimento dello svolgimento, e quindi anche del benessere corporeo, cioè della salute; sicché Epicuro, che considerava ogni diletto come, in fondo, una sensazione corporea, in ciò non aveva torto, e s’ingannava soltanto quando poneva tra i diletti il piacere intellettuale e il pratico.

  • Kant interprete di Epicuro

Kant https://it.wikipedia.org/wiki/Immanuel_Kant  legge nel principio epicureo non tanto quello che il suo autore vi ha detto, quanto quello che, a suo avviso, egli vi ha voluto dire.

La novità della Critica del Giudizio di Kant consiste nell’avere stabilito una connessione con il principio epicureo, secondo il quale piacere e dolore hanno una connotazione corporea.
Kant pensa ad Epicuro nella riconduzione del piacere e del dolore al legame fra la mente ed il corpo.

Epicuro ha ragione, ad asserire che il piacere, quale che ne sia l’origine, è sempre identico a sé stesso, e che non è possibile stabilire una differenza qualitativa fra i diversi tipi di piacere.

  • Il sublime dinamico

Sublime, è ogni oggetto che suscita terrore, ma il sentimento del sublime non si può risolvere nel terrore: intraprende il tentativo di separarli, all’interno della trattazione del sublime dinamico della natura in quanto potenza.

E’ vero che il giudizio che assegna alla natura il sublime dinamico è inscindibile dalla sua rappresentazione come potenza che causa timore.

E non v’è dubbio che la nostra superiorità rispetto alla natura, come ostacolo che si oppone alla nostra sensibilità, può essere da noi sentita solo se presupponiamo la potenza e solo se l’inadeguatezza genera timore.

  • Il giudizio estetico 

Nel giudizio estetico, la superiorità sugli ostacoli non può essere giudicata se non dalla grandezza della resistenza.

Quando sentiamo che il potere non sia adeguato, c’è timore. Perciò la natura, non può essere una potenza, e quindi dinamicamente sublime, se non è considerata come oggetto di timore.

L’identificazione del sublime con il timore deve essere perciò corretta ed integrata: è da porsi una limitazione.
Non è, infatti, vera la reciproca: che, cioè, ogni oggetto che suscita timore debba esser trovato sublime nel giudizio estetico circa il sublime il piacere e l’angoscia.

Il suscitare timore non è una condizione sufficiente per il sublime e non ne determina le caratteristiche essenziali.

Colui che teme non può giudicare del sublime della natura, come non può giudicare della bellezza chi è dominato dall’inclinazione e dall’appetito: fugge la vista dell’oggetto, che gli incute timore ed è impossibile provare piacere in uno spavento, che sia seriamente sentito.

  • Conclusione: il sublime il piacere e l’angoscia

L’unico tipo di piacere che può provare colui che viene sopraffatto dal timore consiste  nella “gioia” o il piacere che scaturisce dalla liberà da un dispiacere.

Perciò quel piacere, che sentiamo ci opprime, è una gioia. Ma è una gioia per la libertà dopo un pericolo, accompagnata dal proposito di non esporvisi mai più; ben lungi dal cercare l’occasione di ripensare alla sensazione provata, non possiamo neppure ricordarla senza fastidio.

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